La mia esperienza
Quando i referenti
dell’associazione “L’avete fatto a me” e di “Progetto Anna Onlus” mi chiesero,
in qualità di infermiera volontaria, di partecipare a questo progetto di formazione sanitaria, e di fare
il mio primo viaggio di missione insieme a Katia Lavazza referente
del progetto, ho accettato con grande entusiasmo ma non immaginavo proprio ciò
che avrei trovato… anzi ciò che avrei
provato!
Dopo un viaggio un po’
avventuroso lo scorso dicembre ho
poggiato i piedi sulla terra rossa d'Africa.
Il mio arrivo è stato accolto con
curiosità e tanti sorrisi alla Clinica.
La Clinica São José
Em Bôr, mi ha colpito da subito, come l'ho vista. Interamente Occidentale nella sua
struttura, solida e ben integrata con l'ambiente circostante, ha il colore
della sua terra e in ogni sua parte è decorata da bellissimi disegni
fantasiosi, grandi quanto tutte le pareti.
La Clinica è un luogo molto
dinamico.
C'è un gran lavoro e tutto il
personale è molto attivo. Lo noto subito fin dal primo giorno, la zona Triage si trova
staccata dalla struttura principale ed è operativa già di primo mattino.
Molti bambini sono in attesa di
essere visitati, proprio come fuori dai
nostri pronto soccorso, mentre altre persone, pressoché adulti, aspettano di
eseguire gli esami di laboratorio. Quest'ultimi sono seduti su delle sedie al
di fuori del Triage, all'aperto, per questo motivo non ho intuito subito cosa
dovessero fare.
Tutto il personale locale si da
un gran da fare. Non manca nulla alla Clinica, le degenze sono distribuite su
due piani.
Al pian terreno la Chirurgia con
16 posti letto, è operativa soprattutto quando ci sono le equipe chirurgiche
europee che collaborano con il chirurgo e le infermiere locali. Si effettuano
sempre ricoveri perché il chirurgo locale, Dionisio, effettua piccoli interventi
in anestesia epidurale. Nel periodo in cui sono stata presente, il reparto di
degenza chirurgica è rimasto vuoto e approfittando di questo, insieme al
personale locale abbiamo eseguito le pulizie di “fino”.
Al di sopra del reparto
Chirurgico troviamo la Pediatria che con i suoi 35 posti letto accoglie i
piccoli pazienti insieme alle mamme nel rispetto assoluto delle loro abitudini
culturali sociali ed umane fin quando è possibile.
Le camere sono suddivise per
patologie, questo metodo l'ho trovato molto pratico ed utile, così il rischio
infettivo si riduce di molto tra paziente e paziente ed è più facile
da parte degli infermieri
collocare anche in uno spazio mentale i piccoli degenti. Unico neo, i letti non
sono ancora numerati ma è una situazione temporanea.
Qui vicino c’è un piccolo
ambulatorio chiamato "Piccola Chirurgia" che accoglie adulti e
bambini, in parte provenienti dall'esterno, (anche loro aspettano lungo il
corridoio). All'inizio ho lavorato proprio qui, per iniziare il mio orientamento,
e mi sono accorta subito della cura con cui la persona assistita viene accolta
e medicata.
Sono molte le prestazioni che
vengono erogate, dai controlli post operatori alle medicazioni in generale e
anche di piccoli traumi.
L'ambulatorio è attrezzato per le
piccole medicazioni chirurgiche, manca di arredo e a volte di materiale, ma
nonostante questo, ogni medicazione viene effettuata mantenendo sterilità e
pulizia.
A fianco si trova il Day
Hospital. L'accoglienza e le prime cure dei piccoli malati provenienti dal
Triage avviene qui, grazie alla presenza di Suor Joana che lavora moltissimo
aiutata da molti studenti in infermeria.
Per integrarmi bene con il
personale e con il lavoro della Clinica sono partita proprio dalla Piccola
Chirurgia, passando poi al Day Hospital e all'osservazione dell'assistenza
infermieristica erogata nel reparto e dalle attività dei medici.
Gli infermieri mi hanno accettata
benevolmente nonostante per me, la lingua diversa, fosse un problema.
Il giro visita purtroppo non
scandisce le attività infermieristiche in quanto avviene sempre in orari
diversi ogni giorno. Ho avuto difficoltà a seguirlo proprio per questo motivo,
non sapendo mai quando avrebbe avuto
inizio.
Il caposala locale Guerra, è una
persona responsabile e capace, dotato di auto controllo e in grado di risolvere
ogni situazione. E' un punto di riferimento per tutti.. fin troppo!
L'ho notato fin da subito. Katia
ha lavorato molto con lui, insegnandoli ciò che compete solo ad un caposala e
ridefinendo meglio le sue attività giornaliere. Lui si è impegnato allo stesso
modo per trasformarsi da punto di riferimento per tutti a leader di un gruppo.
Anche gli infermieri fanno grandi sforzi, non è nella loro cultura l'attività
lavorativa scandita da tempistiche ben precise e spesso solo occidentali.
"L'orologio" che ritma
le attività giornaliere e' un concetto difficile per loro, e può essere assimilato bene solo lentamente e
soprattutto se mediato con le loro abitudini quotidiane.
E' proprio questo che viene fatto
alla Clinica,
un lavoro di mediazione tra il
nostro metodo e il loro modo di essere, cercando ogni giorno un punto di
incontro per crescere come gruppo di lavoro.
Gli infermieri hanno compreso il
significato di consegna, sia scritta che verbale della terapia e l’importanza di apporre la
propria firma. Hanno compreso l'importanza dell'ordine, della pulizia e del
rispetto delle piccole scadenze temporali, senza imposizioni forzate da parte
nostra.
Tutto questo mi ha colpito molto:
i loro sforzi e l'apertura mentale nei nostri confronti e verso il nostro modo
di lavorare, nonostante le "barriere culturali" che ci separano.
Coinvolgere le mamme dei piccoli
pazienti, sull’importanza dell’igiene, è un concetto difficile da far passare,
ma mi rendo conto che in parte ciò è dovuto anche dal fatto che non è facile
procurarsi una saponetta! La povertà esiste in Guinea ma non sono mai mancati i
loro sorrisi per noi, mai!
In queste 3 settimane abbiamo
lavorato tutti, Stefano per esempio si è occupato, con il personale delle
necessità strutturali.
Abbiamo organizzato i container,
sistemato i magazzini, controllato e smistato enormi quantità di farmaci e
sistemato gli arredi.
Ho visto risultati positivi ogni
giorno e per poterli ottenere è stato importante stare in con loro sempre,
senza però risultare "troppo controllori" o peggio ancora
"comandanti".
Il lavoro di Katia con Guerra, e
che io stessa ho imparato a mettere in atto con gli infermieri, è stato proprio
questo: permettere al cambiamento di instaurarsi lentamente ed è stato
inevitabile, alla fine, che il loro modo di essere, ha migliorato anche tutti
noi, sia come
professionisti, sia come persone.
Mi sento di poter affermare che
molto lavoro è stato fatto e che molto lavoro è ancora in corso…
In questo breve periodo che ho
trascorso alla Clinica di Bor ho visto la struttura e le persone cambiare velocemente davanti ai
miei occhi e ripensandoci, ancora adesso, sono contenta di aver fatto parte di
questi piccoli cambiamenti.
Grazie a tutti! Michela
Progetto Anna Onlus ringrazia tutti i volontari che prestano la loro opera nella Clinica Bor .
A Michela, Katia, Stefano, Osvaldo si è aggiunta Alessia. Il nostro volontario Gianni Zucchetti ha dovuto rinunciare alla sua missione a causa del golpe che ha creato un clima di incertezza in tutto il paese.
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